Secoli fa, il grande filosofo Platone immaginava un mondo lontano simile al nostro, l’iperuranio, dove il mondo delle idee rappresentava l’originale del nostro mondo delle cose.
Forse per questo, oggi, a Platone è stata intitolata Plato (PLAnetary Transits and Oscillations of stars), la nuova missione europea che va a caccia di pianeti simili alla Terra e dunque con maggior possibilità di ospitare la vita.
Parliamo di pianeti che hanno dimensioni e massa simili a quelle del nostro pianeta e che si trovano a una distanza tale dalla loro stella da poter avere acqua liquida in superficie.
Il satellite, il cui lancio è previsto nel dicembre 2026 con un razzo Ariane 6.2, ha appena ricevuto cinque dei suoi 26 occhi e sta nascendo tra Francia e Germania, mentre le unità ottiche sono realizzate in Italia da Leonardo a Campi Bisenzio (Firenze) sotto il coordinamento dell’Agenzia Spaziale Italiana e la supervisione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, con la collaborazione di Università di Berna, Thales Alenia Space e Medialario.
“E’ una missione che nasce dalla collaborazione fra l’Esa e il consorzio Plato”, ha detto il responsabile della missione per l’Esa Thomas Wallonschek, riferendosi alla vastissima collaborazione guidata dall’azienda tedesca Ohb, con la Thales Alecia Space e la svizzera Beyond Gravity, e che comprende ricercatori da 23 Paesi. L’Italia i partecipa con l’Inaf, l’Asi e Università di Padova, Torino, Federico II di Napoli e Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste.
Servirà tempo, ma mai nella storia europea, una missione così tecnologica aveva puntato alla scoperta della vita extraterrestre: in bocca al lupo, Plato!